Tutti immagino che conoscano la differenza che esiste tra caffè e caffeina, cioè la caffeina è una molecola attiva contenuta nel caffè, che è un composto contenente molte altre sostanze (la quantità di caffeina nel caffè in polvere comunemente venduto nei supermercati italiani, oscilla tra l’ 1% ed il 2.5 %).
La sostanza a cui il caffè deve le sue caratteristiche principali, resta comunque la caffeina. Gli effetti della caffeina includono: aumento della pressione arteriosa e del battito cardiaco, aumento della frequenza respiratoria, rilascio di adrenalina, dopamina, serotonina e acetilcolina (neurotrasmettitori che provocano l’effetto piacevole della sostanza), aumento della sete e della minzione, riduzione del senso di stanchezza.
Il principale meccanismo d’azione della caffeina consiste nell’inibire l’effetto dell’adenosina, molecola responsabile della sensazione di stanchezza e di sonnolenza. La caffeina ha infatti una struttura chimica molto simile all’adenosina, motivo per il quale nel cervello si lega ai recettori di quest’ultima. In questo modo l’adenosina non può svolgere correttamente il suo lavoro, e questo innesca una serie più o meno diretta di conseguenze. La prima ed intuitiva conseguenza è che la sensazione di sonnolenza e di stanchezza viene diminuita, proprio perché l’adenosina non riesce a legarsi ai suoi recettori. Tuttavia la caffeina provoca un incremento di altri neurotrasmettitori. L’ aumento di adrenalina comporta un aumento della pressione, del ritmo respiratorio e del battito cardiaco. Il rilascio di dopamina innesca la sensazione di appagamento, il rilascio di endorfine provoca una sensazione generale di benessere, a cui prende parte anche la serotonina. Un innalzamento dei livelli di acetilcolina, è responsabile invece di una maggiore lucidità mentale e voglia di fare. Il mix di tutte queste sostanze rende il caffè e la caffeina una sostanza così tanto gradita.
Tuttavia, il cervello si abitua alla caffeina e alle sostanze che grazie ad esso vengono rilasciate nel nostro cervello. La conseguenza è che il suo effetto si indebolisce uso dopo uso, con un meccanismo che si chiama tolleranza. Per replicare gli effetti piacevoli della sostanza, spesso si tende ad aumentare la dose, perché si vuole ripetere l’esperienza piacevole (dipendenza). Dipendenza e tolleranza sono due caratteristiche comuni alle droghe, tuttavia la caffeina non provoca severi sintomi di astinenza, o comunque i sintomi di astinenza sono superabili senza bisogno di sforzi eccessivi (o comunque con alcuni accorgimenti).
Per questi motivi è necessario sapere bene cosa si sta consumando, per ottimizzare gli effetti piacevoli della caffeina, diminuendo al tempo stesso quelli negativi.
Riassumendo, si può affermare che la caffeina è usata correttamente quando ci offre effetti piacevoli, la tolleranza non è stata totalmente sviluppata, e non siamo dipendenti dalla sostanza. Ma quindi: quando e quanta caffeina assumere per un utilizzo corretto?
Innanzitutto dimentichiamo l’idea che più sostanza equivale ad un effetto maggiore, questo non è vero. Un eccesso di caffeina provoca solamente effetti collaterali ed indesiderati, ma non amplifica gli effetti positivi. Il massimo dell’effetto della caffeina, lo si ha assumendo la sostanza in una quantità giusta (la dosa è soggettiva, indicativamente varia tra i 120 ed i 250 mg in unica assunzione), in un organismo non abituato a riceverla con continuità. Gli effetti della caffeina vengono percepiti maggiormente se la si assume in forma concentrata, e non a rilascio graduale. La forma concentrata di caffeina innalza maggiormente il picco di adrenalina e amplifica le sensazioni di benessere. Una forma concentrata di caffeina può essere un caffè ristretto, amaro, non allungato con latte o altri liquidi. L’assorbimento migliore si ha a stomaco vuoto, tuttavia sconsiglio questa pratica in quanto il caffè e la caffeina innalzano l’acidità di stomaco. Un buon compromesso tra stomaco vuoto e stomaco pieno è la scelta migliore per ottenere un rapido incremento della concentrazione di caffeina, e la mancanza di effetti collaterali a livello gastrico.
Per evitare il fenomeno della tolleranza, è bene consumare una dose al giorno di caffeina, per al massimo 3 volte alla settimana, in giorni non contigui. 4 assunzioni a settimana rischiano di instaurare il fenomeno della tolleranza, anche se in modo non severo.
Ricerche hanno dimostrato che il caffè può provocare anche un fenomeno di tolleranza inversa, cioè di sensibilizzazione ai suoi effetti: questo vuole dire che assunzione dopo assunzione, l’effetto della sostanza viene amplificato anziché ridotto. Nello studio effettuato, la caffeina veniva somministrata in una dose moderata ad intervalli di 48 ore (un giorno si ed uno no).
Un altro importante accorgimento indispensabile per poter sfruttare pienamente i benefici della caffeina, è effettuare periodicamente dei periodi di pausa nei quali essa non viene assunta. Grazie a questa pause, la tolleranza eventualmente sviluppata viene azzerata e si “ripulisce” l’organismo dalla sostanza. E’ sufficiente una pausa di 2-3 settimane 1 o 2 volte l’anno. Durante questi periodi, è bene non assumere nessun tipo di stimolante, quindi non assumere: thè, caffè, cola, cioccolata, bevande energetiche varie, guaranà.
Una pausa di 3 settimana in genere basta per azzerare anche una forte tolleranza alla caffeina. Tuttavia se la tolleranza sviluppata è molto forte, i primi 7 giorni di astinenza non saranno piacevoli, si presenteranno infatti stanchezza, sonnolenza, mal di testa (anche molto intenso) e talvolta una leggera depressione. Le vacanze estive e le vacanze di Natale sono l’ideale per un periodo di pausa dalla caffeina, sia per la durata, sia per la loro collocazione durante l’anno.